Nel mondo della crescita personale e spirituale, ci imbattiamo spesso in persone che desiderano guarire, ma che, consapevolmente o meno, si aspettano che qualcuno lo faccia al posto loro. È un fenomeno comprensibile: quando il dolore diventa troppo forte, la tentazione di cercare soluzioni esterne, di delegare il proprio processo di guarigione, è grande.Ma la verità è che nessuno può guarire per noi. Possiamo ricevere aiuto, sostegno, strumenti preziosi, ma la trasformazione avviene solo quando decidiamo di essere protagonisti della nostra vita.
Molte persone iniziano un percorso con entusiasmo, ma quando emergono resistenze o momenti di crisi, si scoraggiano. Alcune si sentono addirittura “peggiorare” e, anziché accogliere ciò che sta venendo a galla, cercano un colpevole.È qui che il ruolo del facilitatore diventa delicato. Non siamo qui per “aggiustare” le persone, né per prenderci il peso del loro dolore. Possiamo indicare la via, ma camminare spetta a loro.Quando qualcuno ci dice:
la risposta più autentica è:“La guarigione è un processo interiore. Posso accompagnarti, ma non posso fare il percorso al posto tuo.”Non esiste una bacchetta magica. La trasformazione richiede tempo, impegno e la volontà di attraversare il dolore senza scappare.
Uno degli errori più comuni per chi lavora nel mondo della crescita personale è il senso di responsabilità eccessivo. Quando un cliente o un allievo non ottiene i risultati sperati, alcuni facilitatori iniziano a dubitare del proprio operato, a sentirsi inadeguati o addirittura in colpa.
Ma guarire non significa semplicemente ricevere un’illuminazione improvvisa o sentirsi meglio dopo una sessione. Spesso, la vera guarigione inizia proprio nei momenti di disagio, quando emergono blocchi profondi che fino a quel momento erano rimasti nascosti.
Non possiamo salvare nessuno. Possiamo solo offrire strumenti e sostegno, ma il cambiamento avviene solo quando la persona sceglie di mettersi in gioco.
Capita che alcune persone, anziché assumersi la responsabilità del proprio percorso, proiettino la frustrazione su chi li sta aiutando. Può succedere in modo sottile, con atteggiamenti passivo-aggressivi, oppure in modo esplicito, con accuse dirette:
A quel punto, è fondamentale rimanere centrati e rispondere con empatia, ma anche con fermezza:“Io posso indicarti la strada, ma sei tu che devi percorrerla. Se ti aspetti che qualcuno guarisca per te, rimarrai sempre in attesa. Il cambiamento arriva solo con il tuo impegno.”
Non è una risposta fredda o distaccata, ma un invito a riprendere il proprio potere. Perché la verità è che, fino a quando continuiamo a cercare il responsabile del nostro dolore all’esterno, rimaniamo intrappolati in un circolo vizioso.
Guarire non è un evento, è un cammino. Non avviene in un istante, ma attraverso piccole scelte quotidiane: decidere di guardarsi dentro, di lasciare andare, di smettere di cercare colpevoli e iniziare a prendersi cura di sé.
Come professionisti, il nostro compito non è risolvere i problemi altrui, ma aiutare le persone a vedere che la chiave del cambiamento è già dentro di loro.
Noi possiamo essere una guida, una luce lungo il cammino, ma il passo decisivo spetta sempre a chi sceglie di percorrerlo.
Ed è proprio in questa consapevolezza che risiede la vera guarigione.
DANIELA GIANNI